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giovedì 30 ottobre 2014

PASHIMA NAMASKARASANA, una storia mia!


IL 30 OTTOBRE 2013, sto pedalando sulla ciclabile del Tevere. Rallento, mi fermo, la mia MTB si piega dolcemente di lato e io tocco terra col gomito. Una banale caduta che mi frattura della testa dell'omero, richiedendo un’operazione per l’inserimento di due viti. E soprattutto il verdetto dei medici: "Il gomito non torna mai a posto. Il gomito è la tomba dell'ortopedico, del chirurgo e del fisioterapista". Sono attonita e terrorizzata, è tutto successo troppo in fretta e troppo male. Solo un'infermiera mi sorride: “Lei è una sportiva, avrà la tenacia per rimettere il gomito a posto ". Ripenso agli anni di pratica dello yoga, il mio modo di vivere corpo e mente con rispetto e determinazione, nella ricerca di un miglioramento continuo. Con fatica, scelgo di "pensare al gomito guarito" e tengo attive spalla, mano, dita, le poche parti libere dal gesso. 


UN MESE DOPO L'INCIDENTE, tolgo il gesso: il braccio è  bloccato ad angolo retto, si muove pochissimo. Decido di segnare sul muro i progressi e inizio la fisioterapia.  A casa rifaccio i movimenti, accompagnando il braccio col respiro. Massaggio il gomito con olio all’arnica, quasi ci parlo... La mattina e la sera pratico a letto Shavasana, puntando in particolare al rilassamento di braccia, spalle e schiena, per dare equilibrio e serenità a tutto il corpo. 

Dopo due mesi, sono a lezione da Tite Togni. Grazie alla sua esperienza e ai supporti dello yoga Iyengar (cinta, cuscini, mattoni, coperte), posso adattare le  mie asana alla ridotta flessione del braccio e praticare in sicurezza per un'ora. Ne esco energizzata e speranzosa!

TRE MESI DOPO L'INCIDENTE, la fisioterapia è finita: il braccio è bloccato. Resta rattrappito, con la mano a penzoloni, e al mattino lo sento quasi paralizzato. I medici dicono che ho ben collaborato ma il gomito è la tomba, ect etc…. Ogni incontro con lo specchio quasi mi fa piangere, e sono profondamente arrabbiata, oltretutto non corro quasi da un anno, per un problema ai metatarsi. Posso solo respirare e pensare che è ora di fare sul serio con lo yoga. 


Su suggerimento di Tite, appare l’asana che mi guiderà verso l'uscita: Pashima Namaskarasana, il "saluto rovesciato". Secondo Pantanjali, autore storico del primo testo yoga, ogni asana riflette fisicamente un atteggiamento mentale. Mentre si assume la posizione, il corpo manifesta la forma fisica dell’atteggiamento mentale associato. L’atteggiamento che esprime Pashima mi piace: è “Salutare il passato”, lasciare i pesi inutili che mi porto porta nella vita, e lasciare la rabbia che sento dentro di me. Inizia la sfida, pratico tutti i giorni posizioni di allungamento delle braccia che culminano nel Saluto Rovesciato. Sento fastidio immenso, i tendini e i muscoli del braccio protestano. Cerco conferma nel mio percorso confrontandomi con fisioterapisti aperti ad altre strade e… ricevo solo incoraggiamenti. Quindi continuo!

SEI MESI DOPO L'INCIDENTE, il braccio inizia a rinascere: riesco a fare il Saluto rovesciato!!!  Resta il senso di paralisi al mattino e ancora mancano 20 cm per toccarmi la spalla con la mano.
Ma con ogni chiusura c’è possibilità di una nuova apertura: con l’amica istruttrice Alida Mazzaro inizio una pratica intensa e continua di Yoga Kundalini, dove le braccia sono centrali non solo per le asana, ma  anche per la meditazione.  Inizio a dedicarmi anche a quest'altro aspetto dello yoga, importante per me che voglio  “salutare il passato”. Alida mi guida, e il gomito mi segue nel percorso… e piano piano non si notano più le differenze. Soprattutto, la giornata inizia col il braccio non più contratto.

NOVE MESI DOPO L'INCIDENTE, festeggio con il Saluto Rovesciato nella posizione dell'Albero: equilibrio e slancio verso l'alto, verso i sogni, perché il passato è alle spalle. Lo yoga, da cross training per la corsa, inizia a diventare un’attività fisica centrale. Continuo con lo yoga Kundalini anche per due ore al giorno, sento la mia posizione allinearsi. Correndo, mi rendo conto che alzo di più le ginocchia e uso meglio le braccia. Una ciclicità di movimenti, con lo yoga che adesso guida la corsa e mi sostiene nel rimettere a posto definitivamente i problemi dei piedi.

UN ANNO DOPO L'INCIDENTE, Il saluto rovesciato è diventato un inchino, e racchiude serenità e gratitudine per quello che è accaduto e per le opportunità che mi ha dato. Alla visita di controllo finale me la sono vista brutta: l'ortopedico mi ha fatto fare delle vere contorsioni col braccio, non credendo come fosse possibile che io lo usassi completamente! Ho ripreso ad andare in bici senza problema, e paradossalmente la paura di cadere è apparsa in montagna.

Perché gli incidenti segnano e lasciano una traccia da seguire. E alla fine, posso dire che non tutti i traumi vengono per nuocere!




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